Secchiano, autunno 1943: il destino di Charlotte

di Paolo Faraoni
“Happened in Italy, if you are not indifferent, you can make a difference” 
(È accaduto in Italia, se non siete indifferenti, potete fare una differenza).

Secchiano autunno 1943 dove  il destino di Charlotte si differenziò da quello di “Anna Frank”




Questa nota storica prende l’avvio dal titolo di un libro scritto da Elizabeth Bettina amica della signora Charlotte Fullembaum che assieme a sua madre e suo padre capitò a Secchiano in un giorno di settembre del 1943. Famiglia polacca di origine ebrea, che dopo varie traversie, scappati dalle persecuzioni naziste in Germania, arrivarono in Italia,  e infine a  Secchiano dove furono accolti dalla famiglia di Virgilio Virgili, nascosti e aiutati  da tutti gli abitanti del paese. Inutile dire quali e quanti furono i rischi che si potevano correre ad aiutare degli ebrei, ma i principi di solidarietà furono più forti di ogni paura permettendo così di mettere in salvo una disperata famiglia. Passata la guerra, i Fullembaum dall’America dove erano stati accolti come rifugiati, chiesero prima una testimonianza scritta che giustificasse il loro stato, poi portarono alla conoscenza delle autorità  Israeliane i nomi della famiglia che li salvò: Virgili Daria, Virgili Virgilio e le figlie Gianna (in Carnali) e Mercedes (in Faraoni i cui nomi sono incisi dal 1992 al museo della Shoah di Gerusalemme (Yad Vashem). Sono circa 500 gli italiani riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”, ovvero persone che, a rischio della propria vita, non hanno esitato a proteggere gli ebrei dalle persecuzioni razziali durante la Seconda Guerra Mondiale
Foto della famiglia Fullembaum 
tratta dal giornale «Il Nuovo Amico» n. 5 del 3 febbraio 2013  

A seguire la testimonianza originale del maestro Artemio Palazzetti servita a Wolf per giustificare il suo stato di perseguitato politico.




Dopo 70 anni la voce di Charlotte ebrea scampata alla Shoah


Virgili Daria, Virgili Virgilio e le figlie Gianna (in Carnali) e Mercedes (in Faraoni). Un’intera famiglia di Secchiano di Cagli i cui nomi sono incisi dal 1992 al museo della Shoah di Gerusalemme (Yad Vashem). Sono circa 500 gli italiani riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”, ovvero persone che, a rischio della propria vita, non hanno esitato a proteggere gli ebrei dalle persecuzioni razziali durante la Seconda Guerra Mondiale. Sul numero del Nuovo Amico della scorsa domenica, in occasione della Giornata della Memoria, la signora Mercedes ha raccontato quei fatti riportando alla luce una pagina di storia inedita.
A seguire proponiamo un’intervista esclusiva alla signora Charlotte che, all’epoca dei fatti narrati aveva soli cinque anni, e che insieme a sua madre e suo padre riuscì a scampare alle deportazioni naziste.
Signora Charlotte, lei e i suoi genitori siete di origine polacca ed ebrei osservanti. Come avete vissuto nel cuore della Germania nazista e come siete arrivati in Italia?
Fuggimmo dalla Germania dopo la Notte di Cristalli. Era il 9 novembre 1938 quando vennero distrutte quasi tutte le Sinagoghe e i negozi ebrei in tutto il Terzo Reich. In quell’occasione circa 30.000 ebrei furono deportati nei campi di concentramento. Mio padre Wolf e mia madre Esther Fullenbaum (che aveva già sofferto tanto ed era stata in carcere), fuggirono a Milano dove, dopo 10 giorni, nacqui io. Mio padre conosceva già l’Italia poichè, da  commerciante, viaggiava spesso. Mia madre che riuscì a passare il confine italiano con l’aiuto di un nipote della Svizzera. E proprio a Milano altri della sua famiglia erano fuggiti dalla Germania. Ad esempio la sorella di mia madre con la sua famiglia che riuscì a lasciare l’Italia rifugiandosi in Svizzera poco dopo la mia nascita.
Come mai siete giunti a proprio a  Secchiano di Cagli?
Con l’aiuto dei partigiani. Abbiamo vissuto sempre nascosti cambiando spesso località. A Secchiano infine ci ha portati il signor Samuele Panichi un amico di Virgilio Virgili, il padre di Gianna e Mercedes.
Dopo la guerra siete andati subito in America?
No. Prima siamo stati trasferiti in un campo profughi a Cinecittà a Roma. Poi abbiamo incontrato Desolina e Memmo Paruccini ci hanno ospitato nella loro casa per un tempo, finchè i miei genitori sono riusciti a sistemarsi. I Paruccini erano buonissime persone e ci hanno aiutato sempre malgrado le loro risorse limitate. Rimanemmo in Italia fino all’anno 1950 quando, in dicembre, emigrammo in America. I miei genitori amavano tanto gli italiani e non avrebbero voluto lasciare l’Italia. Tuttavia non c’era alcuna possibilità di lavoro per mio padre. Questo è stato l’unico motivo che ci ha spinto a partire all’America.
Che ricordi ha del periodo trascorso a Secchiano?
Ricordo Secchiano sempre con tanto affetto. La gente era bravissima e noi siamo sempre stati trattati benissimo. Ho un ricordo particolare di Virgilio Virgili che ci portava sulla sua carrozza e a cavallo. Poi ci portava della legna per riscaldarci nella scuola del paese dove eravamo nascosti. Ricordo ancora il freddo dell’inverno e la paura costante dei nazisti. Però va detto che anche gli italiani correvano lo stesso pericolo, in particolare i cittadini di Secchiano che hanno rischiato tutto per aiutarci a sopravvivere durante quel periodo così difficile.
Tra le altre cose mi tornano alla mente gli aeroplani che volavano sopra Secchiano e che buttavano giù fogli per avvertire la gente a non aiutare ebrei e partigiani. Io stavo sempre con la mia amica più buona, Mercedes Virgili. Un giorno eravamo in chiesa un giorno quando qualcuno ci iniziò a gridare: “scappate, scappate, vengono, vengono”. Tutti lasciarono la chiesa e iniziarono a correre in varie direzioni. Quando arrivai a casa mia trovai la porta aperta senza nessuno dentro. Pensai che i tedeschi avessero ucciso mia madre. Invece i secchianesi avevano studiato un piano per ingannare i tedeschi e non far cadere in trappola la mia famiglia. Avevano stabilito che, qualora i soldati fossero entrati in paese, i miei genitori sarebbero dovuti andare nei campi per lavorare la terra come tutti gli altri. Mio padre e mia madre però dovevano rimanere in silenzio perché non parlavano bene l’italiano e i nazisti avrebbero scoperto il trucco immediatamente. Avevamo una costante paura di essere arrestati e deportati anche perché sapevamo dei lager.
La vostra testimonianza rappresenta oggi un’eredità importante per i giovani. Cosa si sente di dire ai ragazzi del 2013 che vedono i fatti di 70 anni fa spesso così lontani da loro?
Purtroppo, si dimentica la storia troppo presto. Se la gente rimarrà indifferente alle tante cose che accadono in tutto il mondo, allora gli orrori continueranno. È per la bontà ed il coraggio della gente di Secchiano, e di tanti altri italiani che noi, e molti altri come noi, possono continuare a vivere la vita. Oggi abbiamo figli, nipoti, e molti altri in famiglia che fanno del bene in giro per il mondo. Vorrei concludere con le parole dell’autore del libro “It Happened in Italy” (È accaduto in Italia) scritto dalla mia amica, Elizabeth Bettina: “If you are not indifferent, you can make a difference” (Se non siete indifferenti, potete fare una differenza).
Roberto Mazzoli articolo tratto dalla rivista Il Nuovo Amico del 31-01-2013.


La famiglia Virgili «Giusti tra le Nazioni» (Giornata della memoria inedita da Cagli)



CAGLI – In questa settimana della Shoah, parlare di Secchiano di Cagli, una ridente frazione nella valle del Bosso che divide il Petrano dal Nerone, per chi scrive significa far tornare alla memoria tanti ricordi di gioventù allorquando nella casa dei nonni paterni, nelle giornate d’inverno attorno al camino, si raccontavano storie di un periodo bellico appena passato. Ricordi che ai più piccoli suscitavano curiosità e perché no, tanta paura.
Ma tornando a Secchiano, è bene precisare che è stata in passato una frazione seppur di soli 400 abitanti ma con un’alta percentuale di maestri, diplomati, laureati e tanti religiosi. Suore, frati missionari e due sacerdoti erano divenuti i primi parroci del dopoguerra delle due parrocchie di Cagli. Una piccola comunità dove i valori cristiani, la bontà e l’altruismo sono tramandati da secoli ed ancora ben consolidati nei suoi attuali abitanti. Un altruismo che nel periodo bellico coinvolse l’intera frazione in uno slancio di rischiosa solidarietà nel salvare fuggiaschi ed una famiglia ebrea.

TESTIMONIANZA DI MERCEDES VIRGILI

«Era l’autunno 1944 – racconta Mercedes Virgili – e di fronte alla nostra osteria si fermò una carrozza con Samuele Panichi, un noto partigiano di Pianello. Scese e disse a mio padre Virgilio…. “Sulla carrozza ho con me due persone e una famiglia ebrea, marito, moglie e la figlia….devi nasconderli”. Mio padre Virgilio era un simpatizzante del Ventennio, ma ugualmente molto amico di Samuele, si volevano bene e si stimavano. Subito nascose i tre in soffitta. Provenivano da Rimini perché erano sbarcati da un barcone dopo un lungo e sofferto viaggio dalla Germania dormendo nei fienili, stalle e con tanta fame per evitare la deportazione. Con mia madre Daria, mio fratello Mario e mia sorella Mercedes, ci impegnammo a mantenere il segreto, ad accudirli e a procurare cibo. La loro figlia si chiamava Charlotte stessa mia età, ci giocavo ma lei parlava tedesco e per evitare che venisse scoperta poiché l’osteria dei miei genitori era molto frequentata da coloro che da Pianello dovevano raggiungere Cagli. Così quando la facevo uscire di casa mi ero raccomandata che tenesse sempre il pollice in bocca. Questo per paura che le scappasse qualche parola in tedesco. Intuimmo dei pericoli e mio padre trasferì e nascose la famiglia in un locale della attigua scuola elementare, poi iniziò una rotazione con altre famiglie per evitare sospetti. Il parroco Don Giuseppe Celli, ci aiutò in questo coinvolgendo altri fidati parrocchiani. Con l’intersificarsi dei bombardamenti alleati, i tre rimasero nascosti i una casa più sicura quella della Caterinuccia. In poco tempo gli abitanti del paese con tanto slancio ed altruismo, iniziarono a portare mele, legna, ortaggi e qualsiasi cosa fosse commestibile per aiutarli. Con la liberazione di Roma, io mio padre e un’altra signora, Evelina, di notte li accompagnammo fino a Moria. Era ancora freddo e Charlotte non aveva molti vestiti. Evelina le fece indossare il suo cappotto e con tanti abbracci li salutammo con il dubbio di non poterli più rivedere. Qualche mese più tardi una spiata, fece arrestare mio padre ed a seguito di sofferenze per quel triste episodio, si ammalò. Si spense poco dopo la loro partenza. Rimanemmo poi in contatto e li rividi andando in pellegrinaggio a Roma per l’Anno Santo del 1950. Dopo il 1950, si trasferirono da Roma a Los Angeles e io sono andata a trovarli due volte, la prima da sola poi insieme a mio figlio. Tutti gli ebrei americani nel 1962 furono convocati a New York, dovevano raccontare le loro storie e così un giorno ci contattò il Console Israeliano per consegnare alla nostra famiglia la più alta onorificenza dello Stato d’Israele. Da allora i nomi di mio padre, di mia madre e di noi figli, sono stati incisi allo Yad Vashem di Gerusalemme come Giusti tra le Nazioni. Anche Charlotte è tornata a trovarci per due volte a Secchiano. Nel 1990 arrivò in camper con la famiglia proveniente dalla Germania, fu una grande festa. La scorsa estate è arrivata insieme ad una troupe televisiva di Los Angeles girando nel paese molti filmati e facendo interviste per raccontare questa nostra storia in comune. Un’altra curiosità. In occasione della mia prima visita a casa loro fu ampiamente raccontato, oltre quei momenti di paura vissuti a Secchiano, nel giornale più diffuso nel loro stato, il “Los Angel Times “ anche questo episodio che commosse molti americani. La mamma di Charlotte non avendo nulla e non sapendo come ricambiare gli aiuti della moglie del mugnaio di Secchiano che ogni giorno andava a trovarli con qualche uova, farina ed ortaggi, dopo molte insistenze perché non voleva essere ricompensata, la convinse ad accettare la sua fede d’oro. Alla sua morte la moglie del mugnaio dispose che doveva essere riconsegnata alla mamma di Charlotte e così io la riportai in America».
Queste sono state le piccole e grandi storie di un altruismo non comune e sopratutto perché vissute in un incerto periodo bellico per salvare fuggiaschi, ebrei e con grandi rischi per la propria incolumità e dei propri familiari. Storie di solidarietà di famiglie di una piccola frazione come Secchiano da prendere da esempio e che si trova tra le montagne più alte di un entroterra purtroppo sempre più bistrattato e dimenticato.
MARIO CARNALI articolo tratto dalla rivista Il Nuovo Amico del 25-01-2013.




© 2018 by Paolo Faraoni 

1 commento:

  1. Buongiorno,

    questa parte della storia, andrebbe un attimino riscritta.

    La mamma di Charlotte non avendo nulla e non sapendo come ricambiare gli aiuti della moglie del mugnaio di Secchiano che ogni giorno andava a trovarli con qualche uova, farina ed ortaggi, dopo molte insistenze perché non voleva essere ricompensata, la convinse ad accettare la sua fede d’oro. Alla sua morte la moglie del mugnaio dispose che doveva essere riconsegnata alla mamma di Charlotte e così io la riportai in America».

    prima di tutto la moglie del mugnaio aveva un nome come la famiglia del mugnaio. Noi famiglia del mugnaio siamo pronti a descrivere questa parte avendola sentita dai diretti interessati.

    La famiglia Virgili del Mulino, sopra tutto Giuseppe, figlio della moglie Rosa del mugnaio, andrebbe anche lui inserito nei giusti.

    Siamo a disposizione per chiarimenti

    saluti

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