Pane di farro di Augusto Ancillotti






    Questa volta vogliamo occuparci non di un saggio, bensì di un romanzo, “Pane di farro”, scritto dal Prof. Augusto Ancillotti, eminente glottologo dell’Università degli Studi di Perugia, nonché studioso fra i più apprezzati del mondo degli antichi popoli italici e, in particolare, degli Umbri.

   Il contributo del prof. Ancillotti per la traduzione e lo studio delle “Tavole di Gubbio” è, ed è stato, fondamentale per allargare la visione su un popolo con caratteristiche particolari, per comprenderne meglio i riti, la lingua, le abitudini, la teologia, nonché per capire quanto di questo bagaglio di civiltà sia poi migrato nel mondo etrusco e poi romano, che, gradualmente, hanno fagocitato quello umbro.

   Questo romanzo, pubblicato nel 2014 presso le Edizioni Jama di Perugia, come afferma lo stesso autore nelle note finali, segna l’ultima tappa del progetto di coinvolgimento nella comprensione del mondo umbro pre-romano e pre-etrusco studiato per 30 anni dal medesimo nella sua attività di docente universitario.

   Il risultato che ne scaturisce, ossia “Pane di farro”, centra in pieno l’obbiettivo, perché il lettore voglioso di approfondire la civiltà degli antichi Umbri, trova qui una vera miniera di notizie, anche di ordine toponomastico ed etimologico, sposate a una trama coinvolgente ed emozionante. Certo, chi si aspetta un romanzo fatto solo di trama e azione all’inizio rimane un po’ perplesso, coloro invece che vi si accostano con la voglia di “entrare” in un mondo poco o nulla conosciuto saranno ampiamente gratificati dai contenuti, oltre che dal racconto in sé.

Il teatro romano di Gubbio
(Fonte: Di GuidoB at it.wikipedia, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5783433)

   Pane di farro narra la storia del giovane “sathano” di Igovio (appartenente alla tribù dei Satani di Gubbio) Tito Tèteio, il quale, dopo aver violato la verginità di Mezia, fanciulla destinata alla Vesta iguvina, è costretto a scappare a Peroza (Perugia) per scampare alla condanna a morte decretata dagli iguvini. Qui viene accolto dal tursko (etrusco) Arunte, un anziano aruspice che cura la sua istruzione e che lo introduce negli ambienti etruschi della città che, gradualmente, ne stanno prendendo il controllo economico. Tito, grazie ad Arunte, conosce il ricco mercante Lauchum Tulenio e la bellissima figlia Ramtha, la quale, a sua volta, inciderà pesantemente sulla vita del giovane igovino.


  Iniziano così le peregrinazioni e le vicende personali del giovane Tito, che ci accompagneranno fino alla fine del romanzo, e che lo porteranno attraverso l’Italia centrale fino alle sponde dell’Adriatico e, infine, a Roma, al tempo del re Numa Pompilio, in un crescendo continuo di emozioni e di informazioni molto ben congegnate. Non aggiungiamo altro al sunto della trama per non diminuire il gusto della lettura a coloro che vorranno prendere in mano il libro, che consigliamo con convinzione. 

Numa Pompilo parla con la Ninfa Egeria che gli dona le leggi di Roma
(Fonte: Di Felice Giani - http://bcs.fltr.ucl.ac.be/FE/09/AlbumRoyal/Egerie1.htm, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6829521
   Un romanzo non convenzionale, ricco, da gustare con calma, al quale tornerete con la mente quando vi capiterà di leggere dei riti codificati nelle Tavole di Gubbio o quando sentirete parlare della civiltà degli antichi Umbri.   


Il romanzo può essere acquistato online al seguente link:


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